Lo Spazio
Lo spazio si compone di 11 opere pittoriche e una scultura di Salvatore Fiume, donate a Regione Lombardia dai figli Luciano e Laura, nel 2012. Il percorso espositivo dello Spazio Fiume è corredato da 28 pannelli con una dettagliata documentazione fotografica e da testi esplicativi sulle varie attività dell'artista, dalla pittura alla scultura, all’architettura, alla letteratura, alla scenografia.
IL CICLO SPAGNOLO, 1959 -1970
La frequentazione dell’universo spagnolo da parte di Salvatore Fiume risale ai tempi delle sue precoci letture del romanzo anonimo Lazarillo de Tormes e del Don Chisciotte di Cervantes, letture che lo legarono di un affetto particolare per tutto ciò che riguardava la Spagna e la sua cultura. Spagnolo fu infatti il suo pseudonimo, Francisco Queyo, quando nel 1947 Fiume decise di aggirare i primi ostacoli alla sua affermazione come pittore italiano, dipingendo e firmando come F. Queyo, una serie di opere ispirate al folklore e alla grande tradizione pittorica spagnola. Stratagemma che gli permise poi di affermarsi definitivamente come Salvatore Fiume.
Nel 1959 si recò a Madrid per vedere di persona i capolavori del Museo del Prado, attratto soprattutto dalle opere dei due massimi pittori spagnoli, Velázquez e Goya. Da quel viaggio nacque un ciclo di Omaggi a quei due maestri. In alcuni di essi Fiume introdusse personaggi storici del tempo di Goya, come i membri della famiglia Reale, la Duchessa d’Alba, o lo stesso Goya, ritratti nel suo studio accanto ad alcuni capolavori di quel maestro non ancora completati.
In un omaggio a Velázquez, invece, una modella nuda sdraiata è ritratta accanto a un quadro di Velázquez mentre, in penombra, si riconosce l’autoritratto di Fiume. In un altro, la Famiglia Reale appare in piedi accanto al quadro della Maya Vestida. L’ultimo omaggio di Fiume a Goya raffigura il maestro spagnolo e la Maya in piedi accanto al famoso dipinto intitolato Il 3 maggio 1808.
I RITRATTI, 1937 - 1996
Formatosi alla grande scuola dei ritrattisti del Cinquecento e ammiratore di Goya ritrattista, Fiume fin da giovanissimo ha realizzato, disegnando prima, e dipingendo poi, molti ritratti di familiari e di amici, di personaggi storici e di figure eminenti della cultura e dello spettacolo. Inoltre, nel 1989 ha creato un intero ciclo di 10 ritratti intitolato Gli antenati immaginari. Del 1973 è invece la sua Gioconda Africana, ora nei Musei Vaticani, un evidente omaggio a Leonardo, come la successiva Gioconda Giapponese.
LE INVASIONI SARACENE, 1975
Nel ‘75 la cittadina calabrese di Fiumefreddo Bruzio accolse con entusiasmo la proposta di Salvatore Fiume di rivitalizzarne gratuitamente il centro storico con alcune sue opere. A partire dallo stesso anno, Fiume dipinse le pareti interne e alcune pareti esterne dell’antico castello semidiroccato immaginando, in chiave ironica, scene di antiche invasioni saracene. Purtroppo col passare del tempo le intemperie hanno distrutto quasi completamente gli affreschi del Castello di Fiumefreddo. Queste immagini mostrano i dipinti nelle loro condizioni originarie. Al ritorno dal viaggio a Fiumefreddo, Fiume realizzò la serie dei dipinti ispirati alle invasioni saracene che continuò nel 1982 con altri dipinti fra i quali La scoperta del Turco.
IL CICLO DELLE IPOTESI, 1983 -1992
Nei diciotto dipinti, che formano il ciclo delle Ipotesi, sullo sfondo di immagini tipiche dell’opera di Fiume, come le Isole di Statue, o accanto ad alcune sue figure femminili, compaiono elementi tratti da opere di artisti moderni quali, per esempio Manet, Picasso e de Chirico intrecciati ad elementi pittorici di maestri antichi, come Botticelli, Tintoretto, Raffaello, Rembradt, Rubens e Velázquez. Fondendo diversi capolavori della storia dell’arte con elementi della sua pittura, per mezzo delle sue Ipotesi Fiume esemplifica il concetto a lui caro di contemporaneità di tutta l’arte e finisce per consegnarci una sorta di personalissima summa della pittura europea dal Rinascimento al Novecento, proponendo implicitamente se stesso come l’ultimo erede, fra i suoi contemporanei, di quella grande tradizione.
Il Ratto delle Sabine non rientra né nei temi ricorrenti nell’opera di Fiume, né fa parte di alcuno dei vari cicli da lui completati nella sua lunga carriera. È, piuttosto, una prova di abilità tecnica con cui Fiume si è divertito a dimostrare quali difficoltà compositive e prospettiche era in grado di superare senza il minimo sforzo, alla maniera dei suoi illustri colleghi del passato.
OPERE DI ISPIRAZIONE PICASSIANA, ANNI ’70 - ’80
Pur mantenendosi nell’ambito di una iconografia sostanzialmente figurativa, Fiume volle esprimersi anche attraverso forme più geometriche realizzando disegni e dipinti che abbracciano vari temi come: le Lotte fra draghi, i Vasi di fiori, le Modelle e perfino i temi religiosi. I dipinti Christus vincit e Ulisse e le Sirene fanno parte di questo gruppo di opere.
TEMI RELIGIOSI, DAGLI ANNI ‘60
Il tema religioso non poteva mancare nella produzione di un artista come Fiume, formatosi alla grande tradizione pittorica italiana. Nel ‘75 Mons. Pasquale Macchi, segretario particolare di Paolo VI, chiese a Fiume di dipingere una crocefissione per la collezione di Arte Sacra che egli stava raccogliendo fra i più importanti artisti contemporanei, in onore del Papa. Oggi il dipinto è nei Palazzi Vaticani, nello Studio Latino di Papa Sisto IV. Una sua deposizione è custodita al Museo Ermitage di San Pietroburgo dal ‘91, l’anno in cui Fiume tenne una grande mostra a Mosca. Un suo grande mosaico si trova nella Basilica dell’Annunciazione a Nazareth.
Il dipinto "I grandi interrogativi" offre un esempio della vena ironica di Salvatore Fiume che in questa grande tela immagina una sorta di Scuola di Atene in cui pensatori e scienziati di provenienze e di scuole disparate sono riuniti in un’agorà di pura fantasia per dibattere i grandi interrogativi che assillano l’umanità.
Un altro ciclo della produzione di Salvatore Fiume, Le alleanze pittoriche, è qui documentato dalla presenza di un dipinto realizzato da Fiume insieme alla figlia Laura, anch’essa pittrice, ritratta insieme ai suoi due cani e alla sua adorata gattina Purù.
Autoritratto nell’atelier è il titolo del dipinto, in cui Fiume ritrae se stesso mentre lavora nel suo studio, in cui si vedono, appoggiati alle pareti, due suoi grandi dipinti sul tema dell’isola di statue e della donna.
L’opera più grande della collezione nello “Spazio Fiume” di Palazzo Lombardia, intitolato "Glorie d’Italia", è un dipinto del 1989 largo oltre 7 metri e alto più di 3. È un omaggio al genio italiano nella storia attraverso la rappresentazione di grandi figure di italiani di tutti i tempi, riconoscibili in primo piano (per esempio, Dante, Raffaello, Michelangelo e Garibaldi), sullo sfondo di una folla di personaggi illustri, non riconoscibili, i cui nomi sono elencati in una scritta fittissima sul bordo inferiore del dipinto.
Licisca è una scultura in bronzo a cui Fiume era particolarmente affezionato perché in essa era riuscito a rappresentare la sua idea della figura femminile. Una ricerca analoga era già avvenuta nei suoi dipinti ad olio e nei disegni e, da ultimo, nella scultura, dove ha potuto mettere ancor più in evidenza le forme voluminose, che lui prediligeva, del corpo femminile. Nella realizzazione di questa opera si avverte una modellazione intensa, rapida, finalizzata ad ottenere una materia vibrante. Il volto di Licisca ha una espressione drammatica, un effetto dovuto alle ombre generate dai volumi della scultura, in questo caso favorite dalla posizione del corpo colto in un momento di riflessione.